di Michele Bellaveglia, Nobile di Firenze,
Experto Universitario en Heràldica, Genealogìa y Nobiliaria.
L’Araldica è la scienza che ha per oggetto lo studio degli stemmi, particolari emblemi a colori propri di un individuo, di una famiglia o di una collettività. Si tratta quindi di quel settore del sapere che ha come scopo l’individuazione, il riconoscimento, la descrizione e la catalogazione di quegli elementi grafici che sono necessari ad identificare una persona, una famiglia, un gruppo di persone o una istituzione.
Tale disciplina è stata di fondamentale importanza per molti secoli, ma è oggi quasi totalmente sconosciuta e relegata ad un ristrettissimo pubblico di nicchia. Le ragioni di questo oblio sono certamente molteplici, ma il dato più importante è relativo al presunto legame che vi sarebbe stato tra Araldica e Nobiltà. In qualche modo la società odierna è infatti convinta che gli stemmi siano degli emblemi caratteristici di una precisa classe sociale appartenuta al passato ed oggi giuridicamente non più riconosciuta o considerata.
In realtà, a ben vedere, il presunto connubio tra Araldica e Nobiltà non corrisponde assolutamente al vero, al punto tale che mai in Europa occidentale, dal XII al XX secolo, l’utilizzo degli stemmi fu prerogativa specifica della classe nobiliare. Al contrario, qualunque individuo, famiglia o collettività ebbe sempre la libertà di adottare un’arma di sua scelta, a patto di non usurpare armi altrui.
Fu invece regolato con maggior precisione l’utilizzo di tutti quegli elementi che accompagnavano lo stemma e che concorrevano a dare precise informazioni circa lo status di quell’individuo, famiglia o collettività, quindi corone, mantelli, elementi di sostegno, ecc…
Questo errore ha fatto si che il fenomeno dell’estensione degli stemmi a tutte le categorie sociali rappresenti, ancora oggi, qualcosa di poco studiato e riconosciuto.
Gli stemmi nacquero in occidente e non durante le Crociate (come alcuni ebbero l’ardire di sostenere), non originarono dalle invasioni barbariche e neppure dall’antica Roma. La loro origine fu piuttosto legata a quelle importanti trasformazioni che si ebbero all’interno di una società feudale che, dopo l’anno Mille, si trovò ad affrontare importantissimi cambiamenti, tanto più nella evoluzione del proprio equipaggiamento militare. L’utilizzo di particolari emblemi personali fu infatti inizialmente molto funzionale al riconoscimento dell’individuo in battaglia o in torneo. Più tardi, nel corso del XIV secolo, si ebbe invece una importante trasformazione nell’uso e nel significato di tali emblemi, che divennero segni distintivi di una particolare famiglia, quindi trasmissibili di padre in figlio.
Quando la cosa assumerà vaste proporzioni nasceranno specifici professionisti incaricati di riconoscere quegli emblemi e ciò concorrerà a dare ordine alla materia, mettendo regole e riproducendo quelle armi in appositi stemmari. Questi saranno appunto gli Araldi d’Arme.
Del resto si era in presenza di una società in trasformazione, dove l’iconografia aveva certamente un grande significato. Araldica come segnale di identità quindi, che andava a collocare individui in precisi gruppi all’interno di un complesso sistema sociale. E non ci si accontentò più di far dipingere lo stemma sullo scudo, ma si fece riprodurre sul gonfalone, sulla gualdrappa, sulla cotta d’arme, su beni mobili e immobili, sul proprio sigillo.
L’araldica divenne moda ed apparirono stemmi su oggetti, indumenti, stoffe, opere d’arte, monumenti. Nel XIV secolo l’intero Occidente fu coinvolto in questo nuovo fenomeno sociale e questo gradualmente andò a coinvolgere anche quelle categorie di persone che originariamente ne erano prive ma che, ad un certo punto, si trovano a vivere una importante ascesa sociale. Gradualmente gli stemmi iniziano ad essere utilizzati dalle donne, dagli ecclesiastici, dai patrizi, dai borghesi, dagli artigiani, dalle città, dalle corporazioni delle arti e mestieri, dalle comunità civili e religiose. Questo pur non appartenendo ad una antica classe nobiliare.
Vi sarà quindi la tendenza, sempre più forte, ad identificare l’arma con la famiglia a prescindere dalla sua originaria connessione ad un particolare territorio soggetto, tanto più nel momento in cui la stessa classe nobiliare si troverà a non essere più legata ad un particolare feudo e tenderà quindi, anch’essa, ad attribuirsi uno stemma scevro da qualsivoglia legame territoriale.
In realtà la concessione di uno stemma da parte di un Sovrano, come accade oggi in molti Paesi monarchici moderni, è questione che originerà solo in seguito, proprio in relazione ad un proliferare ormai incontrollato di stemmi presso tutte le categorie.
A ben guardare, già Bartolo da Sassoferrato nel suo Tractatus de insigniis et armis del XIV secoloaffermava che gli stemmi concessi da una Autorità erano di maggiore dignità rispetto agli altri ma, così dicendo, enunciava chiaramente il principio della libera adozione degli stemmi e non affermava certo distinzioni tra stemmi nobiliari e popolari.
L’esigenza di avere una certificazione rilasciata da un Sovrano nacque solo in un secondo momento e se da un lato andaò ad appagare i desideri del richiedente, dall’altro andò ad ingrassare, in modo considerevole, le casse dello Stato.
In alcuni Paesi europei intorno alla prima metà del XV secolo verranno emanati i primi provvedimenti legislativi volti a restringere l’uso degli stemmi alle sole classi nobiliari e questo darà il via a quella identificazione tra Araldica e Nobiltà che costituisce, ancora oggi, un mito duro da sfatare.
Un chiaro esempio di democraticità degli stemmi è però rappresentato dai preziosissimi Catasti antichi di Perugia, oggi conservati presso l’Archivio di Stato della città. In tali catasti, che partono dal XIV secolo, ciascun allibrato poteva decorare il proprio catasto, secondo le proprie possibilità personali. Tra questi, di enorme importanza sono gli inserimenti di coloro che provenivano dal contado e che riuscirono ad assurgere all’ambito status di cittadino. In questo caso troviamo un atto di conferimento di cittadinanza rilasciato dai Priori perugini con l’elencazione dei privilegi connessi e tale documento, che presenta un carattere di grande formalità, è sempre preceduto dallo stemma del neo cittadino. Ma la particolarità più entusiasmante, in questo caso, è rappresentata dal fatto che la quasi totalità degli abitanti del contado perugino non ebbe mai un cognome, in molti casi fino al XIX secolo. Pertanto tali atti solenni sono preceduti dalla miniatura di uno stemma di una famiglia completamente priva di cognome, a dimostrazione del fatto che lo stemma non fu certo appannaggio della sola classe nobiliare.
Il fenomeno è talmente vasto, all’interno della documentazione comunale perugina decorata a soggetto araldico, che è possibile affermare come la diffusione degli stemmi nella popolazione della città tra il XV ed il XVIII secolo sia stata assolutamente notevolissima. Ritengo sia quindi di enorme interesse riportare alla luce quegli elementi grafici che hanno fatto parte del patrimonio immateriale di una specifica famiglia, a prescindere dal suo pregresso status e dalla sua appartenenza alla classe nobiliare, allo scopo di riportare alla luce una simbologia che può ancora trovare ampi spazi nella nostra società. Una società che, se analizzata con attenzione, vive ancora oggi di simboli, di marchi, di loghi e di emblemi.